Un gioco di interazioni e equilibri per vivere serenamente le relazioni
Ogni essere umano ha dentro di sé una storia da raccontare e con la quale entra in relazione narrando e ascoltando le storie che lo circondano. Ogni esperienza che facciamo, ogni emozione che proviamo, la vita che viviamo, attimo per attimo, vive nelle nostre narrazioni interiori e/o condivise con l’altro. Adottando una prospettiva sistemica, riconosciamo che la nostra storia non è mai completamente nostra, ma è una co-costruzione che si attua nell’interazione con altre storie. Ogni narrazione individuale interagisce costantemente con quelle di altri individui, gruppi e culture, arricchendosi e arricchendo, attraverso scambi e condivisioni, o al contrario diventando più rigida e impermeabile quando l’ascolto è ad esempio permeato di pregiudizio.
Il mondo della scuola, all’interno del quale quotidianamente ci muoviamo, porta ad incontrare molteplici narrazioni non sempre in linea con i nostri valori e con le nostre convinzioni. Anzi può succedere che i racconti degli altri talvolta siano molto distanti da noi o in contrasto con le nostre narrazioni e i nostri valori rendendo così difficoltosa e a volte impossibile la comunicazione. La scuola è un microcosmo di sistemi complessi, dove storie individuali di alunni, insegnanti, personale scolastico e famiglie si intrecciano quotidianamente. Ognuno ha le sue narrazioni e la sua modalità per raccontare. Ogni atto comunicativo si inscrive in una rete di storie. Il modo attraverso cui interagiamo con le narrazioni crea contesti comunicativi e scenari differenti.
Imparare a metacomunicare, cioè a riflettere sul processo comunicativo in atto, ci può aiutare a evitare fraintendimenti, a saper leggere i segnali relazionali e comunicativi, a rendere evidenti difficoltà o buone modalità che facilitano la comunicazione.
“Stare nelle storie” non è semplice, presuppone innanzitutto imparare ad ascoltare veramente se stessi e l’altro, a sospendere il giudizio e il pregiudizio.
“STARE NELLE STORIE” DELLE FAMIGLIE E CON LE FAMIGLIE
Uno dei nuclei spesso di difficile gestione nel contesto scolastico è la relazione con le famiglie. Le comunicazioni con i familiari avvengono a più livelli anche in relazione al grado scolastico al quale si fa riferimento. Possono essere comunicazioni veloci come scambi di informazioni e rapide richieste. Oppure momenti protratti nel tempo come i colloqui con i genitori.
In un’ottica di costruzione di buone relazioni e di collaborazione, ricordiamo che il centro del nostro agire è sempre l’allievo, mettere in atto strategie e saper utilizzare strumenti che facilitino la comunicazione scuola/famiglia ha una ricaduta sull’intero funzionamento del sistema scuola.
Interagire con le famiglie implica da parte dei docenti prendere in considerazione diversi aspetti. Fermiamoci a riflettere su alcuni di essi.
“La relazione viene prima” (G. Bateson): questa frase può essere un’utile ancora a cui appigliarsi quando la comunicazione e quindi anche la relazione tende a degenerare e il pericolo di situazioni conflittuali diventa alto. La relazione ci unisce e ci costruisce: e una danza circolare nella quale ci muoviamo. Quando incontriamo un genitore noi siamo, insieme a lui, dentro quella relazione: insieme co-costruiamo e insieme apprendiamo. I passi che ciascuno muove in questa “danza” sono significativi per il processo. Non esistono solo un docente e un genitore che s’incontrano. Entrambi sono parti di un sistema in relazione.
Ognuno ha la sua storia da raccontare e per lui è sempre vera: partire da questo assunto ci può aiutare ad andare incontro all’altro, ad accogliere la sua storia e a “vederla” insieme. Pensiamo ad un bambino in difficoltà. Le insegnanti rilevano che qualcosa sta interferendo con il processo evolutivo di quel bambino. Per la famiglia però il bambino non ha alcun problema e i colloqui sono spesso improduttivi per raggiungere l’obiettivo che le insegnanti hanno: segnalare alla famiglia le difficoltà e attivare dei percorsi per dare aiuto al bambino. Se l’insegnante rimane ferma sulla sua posizione e non incontra la storia della famiglia il risultato sarà un “braccio di ferro”. Tutte e due vogliono aver ragione e la situazione rimane bloccata. Incontrare la storia dei genitori può essere una via di uscita, accoglierla e insieme provare ad esplorarla può aprire varchi che, anche se piccoli, possono essere nuove possibilità comunicative. Può così accadere, ad esempio, che anche in casa a volte papà e mamma incontrino difficoltà ma che non le vedano come problemi. “È ancora piccolo. Prima poi crescerà!”. L’insegnante può aiutare la famiglia a “vedere” meglio o a “vedere” aspetti non visti. Riconoscendo come vera la storia che narrano i genitori, può affiancare a questa un’altra narrazione: ad esempio quella del “bambino a scuola”. L’attenzione così non è più su chi ha ragione ma può spostarsi su un piano evolutivo di condivisione e collaborazione. Riconoscere e accogliere la storia dell’altro lo fa sentire visto e ascoltato. Lo spazio comunicativo può così ampliarsi.
Ogni comunicazione non è fatta solo dal contenuto: la comunicazione è un evento complesso, composto da tanti elementi, talvolta non prevedibili e/o programmabili. Non sempre i messaggi che inviamo vengono capiti o generano le risposte attese. Le narrazioni personali si esprimono attraverso diversi canali: c’è quello che viene detto o comunicato, il messaggio. Vi è poi ciò che il nostro corpo e tutto il non-verbale e para-verbale esprimono accompagnando il messaggio e arricchendolo di significati. E vi è il contesto, in cui avviene la comunicazione, che qualifica il messaggio.
Per poter accogliere la narrazione dell’altro e renderla funzionale al contesto scolastico è importante imparare innanzitutto a non fermarsi al semplice contenuto che una storia racconta, ma ad osservare il contesto in cui il messaggio viene espresso e la comunicazione para-verbale e non-verbale che l’accompagna.
A scuola il contesto fa molto spesso la differenza sulle comunicazioni. Ci troviamo sovente nella necessità di dover comunicare con le famiglie e non sempre il contesto comunicativo ci consente di comunicare al meglio.
Una modalità comunicativa il più possibile adeguata deve essere pensata dai docenti senza cedere all’urgenza, al comunicare a tutti i costi anche quando il momento o il luogo non sono adatti.
Quando la nostra storia incontra altre storie: non dobbiamo dimenticare che quando entriamo in contatto con le altrui storie lo facciamo portandoci dietro le nostre storie quotidiane e di vita. C’è grande differenza nell’ascoltare la narrazione di un genitore un giorno in cui ci sentiamo felici rispetto ad al giorno in cui arriviamo a scuola ed abbiamo già affrontato problemi faticosi a casa. Oppure ascoltare temi che si scontrano con i nostri valori profondi. L’insegnante però ha scelto, questo è l’augurio, di “essere” a scuola e deontologicamente mette il proprio obiettivo professionale al centro: il benessere e l’evoluzione degli alunni e dell’intero sistema scuola. Ma allo stesso tempo vi è anche la nostra umanità che agisce e imparare a vederla e a coglierla ci consente di “leggere” meglio come comunichiamo con le famiglie. A volte la brutta risposta di un genitore è innescata da una nostra rigidità o da un momento di non ascolto.
Imparare ad osservare da più punti di vista, da più angolazioni, le storie e la comunicazione che attorno ad esse si genera ci permette di dare risposte più adeguate e di comunicare meglio. Agire prima che la comunicazione si deteriori, riflettere sulle modalità comunicative nostre e del sistema scolastico in cui operiamo, provare ad apportare piccole e graduali modifiche, frutto di formazione e riflessioni, può migliorare la relazione con le famiglie.
Odetti Viviana